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La Politica Commerciale degli Emirati Arabi Uniti

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1. Quadro generale e indicatori macroeconomici

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono uno Stato federato composto da sette Emirati (Dubai, Abu Dhabi, Sharjah, Ajman, Fujairah, Ras Al-Khaimah e Umm Al-Qaywayn). Grazie alla loro posizione geografica che li vede centrali ai flussi commerciali tra Asia, Europa ed Africa e grazie alle abbondanti riserve di combustibili fossili che da sole rappresentano il 35% del Prodotto Interno Lordo (PIL), gli EAU possono vantare il settimo PIL pro capite più alto al mondo. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) infatti, lo stima sui 401.6 miliardi di dollari (USD) nel 2014 e sui 413.6 miliardi di USD nel 2015. Gli EAU inoltre, restano il terzo produttore di greggio dell’area del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG; meglio noto con l’acronimo inglese GCC, Gulf Cooperation Council) e si posizionano al settimo posto per riserve di greggio e gas naturale a livello mondiale. Queste ultime si concentrano per il 94 % nell’Emirato di Abu Dhabi e garantiscono al Paese, una capacità produttiva media di 2.7 milioni di barili di petrolio al giorno (bpd).

Andando a commentare più in dettaglio i succitati dati relativi al PIL emiratino, occorre rilevare che se nel 2014 gli EAU hanno registrato un incremento del PIL reale pari al 4.6%, nel 2015 la crescita si assesta sul +3%. Dunque nonostante una lieve flessione, si potrebbe ragionevolmente concludere che il trend della crescita nazionale si mantiene positivo. Ciò inoltre appare confermato dalle recenti proiezioni di crescita ad una media del 3.6% nel periodo 2015-2019. La futura prospettiva di crescita del Paese risulta incoraggiata da un consolidamento economico, passato per un risanamento delle finanze pubbliche e per un’imponente politica di diversificazioneeconomica intrapresa dal governo emiratino da un quinquennio a questa parte. Abu Dhabi ha scelto di puntare sull’ampliamento dei settori dei servizi, del real estate, del manifatturiero e del turismo. In tal modo, è stato possibile per l’establishment emiratino, ridurre l’incidenza delle rendite petrolifere sulla quota del PIL, da un 80% nel 1980 al solo 35% nel 2016. Dunque, non tanto i proventi del settore oil&gas, quanto lo sviluppo e il trend di crescita di altri settori economici, centrali nei piani di diversificazione appena menzionati, risultano trainanti della crescita del Paese.

Inoltre contribuiscono ad una rosea prospettiva di crescita, l’assegnazione a Dubai dell’Espozione Universale del 2020 e il piano governativo di sviluppo, UAE Vision 2021, ideato con l’obiettivo di rendere quello emiratino, un Paese ben sviluppato e pronto ad ospitare un evento di portata mondiale come EXPO 2020. UAE Vision 2021 ricomprende consistenti piani di investimento che insistono sui settori chiave Trasporti e Infrastrutture, Turismo e Hospitality, Real Estate, Energia e Green Energy.

Alla luce di quanto brevemente esposto, si può quindi sostenere che la lungimiranza del governo ha permesso agli Emirati da un lato, di essere solo lievemente affetti dalla crisi economica mondiale ancora in corso e dall’altro, di porre l’economia nazionale al riparo dalla volatilità dei prezzi delle materie prime, nello specifico e per quel che qui rileva, del prezzo del greggio. Gli EAU infatti possono considerarsi ad oggi, un’economia sostanzialmente resiliente, sia all’andamento dell’economia mondiale, sia al drastico calo sperimentato dai prezzi del petrolio sui mercati globali.

Il regime commerciale degli EAU può essere considerato fondamentalmente un regime di libero scambio. Tale apertura è apparsa, all’establishment emiratino, strumentale al consolidamento dell’economia nazionale e di una stabile crescita economica. Stato membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) dal 10 Aprile 1996, gli EAU ne condividono l’obbiettivo di progressiva liberizzazione degli scambi mondiali attraverso l’incoraggiamento e la facilitazione di accordi commerciali tra i governi dei Paesi Membri. Gli EAU inoltre, uno degli stati promotori della Doha Develoment Agenda, appaiono molto attivi nella riduzione ed eliminazione delle tariffe e delle barriere non tariffarie sulle materie prime e nella liberalizzazione del commercio dei servizi. Gli Emirati sono, inoltre, uno degli Stati fondatori del GCC, di cui applicano le tariffe comuni stabilite. Nell’area regionale di riferimento, gli EAU hanno inoltre rivolto gli sforzi all’incoraggiamento di accordi all’interno della Greater Arab Free Trade Zone (GAFTA), in vigore dal 1998. La GAFTA poggia su un programma esecutivo tra 17 Stati Arabi, atto ad aiutare la falicitazione degli scambi e su Accordi di sviluppo, accessori.

Infine, per quanto riguarda il business environment, gli EAU sono al 31° posto al mondo quanto a facilità di apertura, conduzione e chiusura d’affari (Fonte: Doing Business 2016).

Secondo la vigente normativa, negli EAU è consentito condurre i propri affari e dunque vendere i propri prodotti liberamente agli utilizzatori finali attraverso l’utilizzo di rivenditori, la creazione di Joint Ventures (JV) o l’apertura di attività in Franchising. Le forme societarie ammesse sono le seguenti: Limited Liability Company (LLC), Licenza Professionale, Ufficio di Rappresentanza, Branch, apertura in Free Trade Zone (FTZ). Eccezion fatta per queste ultime6 , agli stranieri non è attualmente consentito possedere una quota superiore al 49% del capitale sociale, nel caso in cui la propria attività sorga sul suolo nazionale degli Emirati (cosiddetto Mainland). Occorre tuttavia rilevare che sono attualmente al vaglio alcune proposte legislative atte ad eliminare tale vincolo.

2. Politica commerciale degli Emirati Arabi Uniti

Come precedentemente accennato, il regime commerciale degli EAU si configura come un regime aperto all’interscambio globale. L’OMC considera gli EAU una potenza commerciale, stanti l’alto rapporto sussistente tra i valori del commercio nazionale ed il PIL (trade to GDP ratio) e il contributo dell’interscambio del Paese ai volumi del commercio mondiale. Gli EAU inoltre sono ritenuti dei soggetti strategicamente importanti nel mercato globale dei capitali grazie all’azione di numerosi fondi d’investimento, tra cui i maggiori, Abu Dhabi Investment Authority, Dubai Ports Authority, Dubai Holding e Abu Dhabi International Petroleum Investment Co. (IPIC).

Per la natura della presente analisi e dell’attività camerale, ciò che verrà trattato nel presente testo sarà principalmente il commercio di beni, in misura minore quello dei servizi, mentre verranno tralasciati i flussi di investimenti esteri.

2.1. Politica commerciale internazionale e regionale

A dimostrazione della grande importanza che il commercio riveste per il Paese, occorre brevemente soffermare l’attenzione su alcuni dati rilasciati da OMC e CIA World Factbook. Secondo questi ultimi il valore totale delle importazioni e delle esportazioni degli EAU nel 2015, si è attestato rispettivamente sui 226,1 miliardi di Euro (mld/euro) e sui 295,1 mld/euro. I principali prodotti importati dal Paese sono afferenti alle categorie macchinari e attrezzature, prodotti chimici, agroalimentare. Mentre i principali prodotti esportati risultano greggio (45%), gas naturale, prodotti per riesportazioni (25%), pesce essiccato, datteri, materiali preziosi (11.4%). I principali partner commerciali risultano essere i seguenti: tra i clienti, il Giappone (14,8%), l’India (9.6%), la Corea del Sud (9,6%), la Cina (5,4%) e la Thailandia (4,5%); tra i fornitori, Cina (15,7%), India (13,4%), Stati Uniti (8,9%), Germania (5,3%).

Ad ulteriore dimostrazione della forte interconnessione tra gli EAU ed il mondo a valere per lo scambio di beni e servizi, occorre ricordare l’attività del Paese in campo internazionale, regionale e bilaterale per il perseguimento di una riduzione generalizzata delle barriere al commercio mondiale.

A livello internazionale, gli EAU entrano a far parte dell’OMC nel 1996 e sin dall’accessione, la posizione mantenuta dal Paese in seno all’organizzazione è quella del mantenimento del liberoscambio a livello globale come conditio sine qua non per il raggiungimento di una crescente competitività e produttività del tessuto industriale su scala globale. Il protezionismo nella forma di alte barriere tariffarie e non (barriere tecniche) al commercio, viene dunque visto come la causa di un settore privato stagnante ed inefficiente. Questa l’ottica con cui gli EAU hanno poi proseguito ad attuare le policy dell’OMC, facendone discendere il loro attivismo sia a livello regionale, mediante la creazione di aree di liberoscambio con i vicini partner GCC ed i maggiori Paesi arabi), sia a livello bilaterale con la stipula di accordi ad hoc. Fieri sostenitori del multilateralismo, gli EAU nel quadro dell’OMC, sono uno degli Stati maggiormente attivi nello sviluppo della Doha Develoment Agenda. I maggiori interessi del Paese si indirizzano a favorire un migliore accesso ai mercati dei prodotti non agricoli (Non-Agricultural Market Access, NAMA) e ad una maggiore liberalizzazione del commercio dei servizi. Il Paese risulta inoltre molto attivo nei negoziati che vertono alla riduzione ed all’eliminazione di tariffe e barriere non tariffarie sulle materie prime.

Occorre inoltre accennare che negoziazioni per la conclusione di accordi di libero scambio interregionali, hanno avuto inizio con Associazione Europea di Libero Scambio (AELS, anche meglio nota con l’acronimo inglese EFTA, European Free Trade Association), Turchia, Giappone, Corea del Nord, Cina, India, Pakistan, Australia e Mercosur (Mercado Común del Sur, mercato comune dell’America meridionale). Le negoziazioni insistono sui seguenti temi: accesso al mercato per beni e servizi, tutela della proprietà intellettuale, ed in maniera minore, procurement pubblico (approvigionamento pubblico) e afflusso di investimenti.

A livello regionale, l’impegno emiratino è stato rilevante ed occorre brevemente descriverlo per via delle ricadute pratiche che ha comportato, e tutt’ora comporta, per l’operatore interessato ad esportare i propri prodotti negli Emirati.

Nel proprio quadrante, gli EAU agiscono principalmente nel GCC, di cui sono membri fondatori (25 maggio 1981) assieme a Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar ed Arabia Saudita. Il Paese ha contribuito sin dal 1981 alla liberalizzazione degli scambi regionali, e per tal via globali.

Il primo strumento ideato a tale scopo, è lo Unified Economic Agreement (UEA). Con l’UEA, il GCC sin dal momento della propria creazione, ha creato un’area di liberoscambio al proprio interno, dichiarando come obiettivo l’eliminazione di dazi e altre regolamentazioni restrittive del commercio tra gli Stati parte dell’Accordo; il tutto da applicare ad ogni categoria di beni commerciati. A distanza di circa 20 anni passati ad armonizzare le rispettive politiche commerciali, gli Stati parte dell’UEA hanno dato vita, nel dicembre 2001, ad un Accordo Economico (GCC Economic Agreement) che ha creato un’unione doganale tra gli Stati del Golfo sopra menzionati, con l’obiettivo di armonizzare anche le rispettive politiche economica, finanziaria e monetaria ed arrivare infine, alla creazione di un Gulf Common Market (GCM), un mercato comune per l’area GCC sull’esempio europeo.

L’unione doganale dell’area GCC è stata di fatto creata ed è entrata in attività nel Gennaio 2003. Gli Stati Membri del GCC applicano dunque tariffe comuni verso i Paesi non membri sin da quella data. Le tariffe doganali comuni per l’89.1% delle linee tariffarie sono state fissate al 5%; per il 10.4% di linee tariffarie, è stata stabilita l’assenza di tariffe; per lo 0.2% stabilita la tariffa comune del 50% e per il rimanente 0.3% delle linee tariffarie, stabilita la tariffa del 100%. Dal punto di vista dei servizi, la liberalizzazione degli scambi all’interno del GCC ha coinvolto circa 100 settori.

Rimanendo a livello regionale, occorre brevemente menzionare l’Area araba allargata di libero scambio (o GAFTA dall’inglese Greater Arab Free Trade Area). Il GAFTA è un’area di libero scambio panaraba formata da 18 dei 22 paesi appartenenti alla Lega Araba. Gli EAU sono Stati parte del GAFTA sin dal 1997. Inizialmente, il GAFTA imponeva ai membri una riduzione progressive dei dazi doganali, di un 10% annuo, come via verso la totale eliminazione delle barriere tariffarie tra gli Stati Membri. Dal 2001 in poi, gli Stati GAFTA hanno voluto dare un’ulteriore spinta al processo di liberalizzazione degli scambi intraregionali e dal 1 Gennaio 2005, i membri hanno deciso di eliminare la maggior parte delle tariffe doganali nel commercio intra-GAFTA.

Venendo infine alle azioni bilaterali, preme sottolineare che accordi volti a facilitare gli scambi sono stati sottoscritti dal Paese (accordi preferenziali) con i Paesi arabi Siria, Giordania, Libano, Marocco, Iraq. Secondo questi accordi, gli EAU e il partner si accordano reciprocamente l’accesso preferenziale di determinate categorie di prodotti provenienti dai territori interessati di volta in volta dall’accordo. Altri accordi bilaterali sottoscritti dagli Emirati e registrati presso l’OMC ammontano a 50.

2.2. EAU, Free Trade Zone e re-export

Gli EAU, come già ribadito, ritengono l’interscambio commerciale uno dei motori dell’economia nazionale. I flussi import/export che passano per gli Emirati Arabi sono facilitati dalla legislazione interna, oltre che dalle regolamentazioni internazionali, regionali e bilaterali appena citate.

Le Free Trade Zone (FZ), ovvero zone franche, detengono un ruolo fondamentale nel favorimento dei flussi in entrata ed in uscita dal Paese. Le zone franche permettono infatti l’arrivo o semplicemente il transito di merci senza che vengano applicate delle tariffe doganali. In FZ la merce può arrivare, fermarsi in zona franca e subire le trasformazioni necessarie a renderla un prodotto finito, nel caso di materia prima o semilavorato, oppure potrebbe arrivare e direttamente ripartire per il re-export verso gli EAU o verso altri Paesi del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa. Le FZ inoltre, al fine di incentivare il loro utilizzo come centri logistico-commerciali e/o distretti industriali esenti da dazi di importazione, godono anche di altri benefici tributari e della quasi assenza di imposte.

La presenza delle zone franche appena descritte, oltre che di una legislazione che favorisce il libero movimento di beni, servizi e capitali, quindi l’apertura del Paese ai flussi in entrata e in uscita, hanno reso gli EAU, avvantaggiati dalla loro determinante posizione geografica, un hub mondiale per il commercio di beni e servizi.

Le FZ infatti permettono all’azienda export-oriented di esser presente, non solo nel mercato EAU, ma anche in tutti quei mercati che beneficino del collegamento con le piattaforme emiratine; il tutto a prezzi cometitivi. Difatti, in caso contrario, ovvero in assenza di tali agevolazioni e condizioni ottimali per i flussi di merce, la competitività dell’esportatore risulterebbe scalfita dalla necessità di addizionare al prezzo finale della merce da vendere (costo sostenuto per la produzione del bene + mark-up) non solo il dazio del Paese di destinazione della merce, ma anche la tariffa del Paese in cui la merce farebbe solo uno “scalo” per poi partire verso il reale mercato in cui si andrà a posizionare.

2.3. Barriere non tariffarie, beni vietati e beni limitati

Come precedentemente esposto, membri del GGC, gli UAE ne applicano le tariffe doganali comuni, che prevedono una struttura di quattro diversi contingenti tariffari ad valorem. Le tariffe fissate sono le seguenti: dello 0%, quindi tariffa inesistente; del 5% da applicare alla quasi totalità dei prodotti; del 50% applicata agli alcoolici e del 100% applicata ai tabacchi.

Da taluni vista come barriera non tariffaria, la policy applicata negli EAU e negli Stati GCC, sui CIF(cost-insurance-freight, in italiano costo, assicurazione e nolo). Negli EAU, infatti, l’onere dei CIF graverebbe sull’esportatore, pertanto potendo potenzialmente scoraggiare la piccola impresa che volesse posizionarsi nel mercato. Altra importante barriera tecnica e di standard che potrebbe disincentivare l’impresa ad esportare nel mercato emiratino, la regolamentazione sanitaria applicata verso i prodotti come piante e derivati, e come animali, prodotti animali e da macellazione. In quest’ultimo caso, occorre richiamare l’attenzione sulla regolamentazione del cibo Halal, ovvero consentito dalla legge islamica. Infine, tra le barriere tecniche, si segnalano i controlli ferrei relativamente alle etichettature dei prodotti e la regolamentazione della durata di conservazione (shelf-life) di ogni singolo prodotto alimentare da spedire.

Tuttavia, al di là di questi accorgimenti che l’area GCC mette in atto per garantire la presenza di aziende affidabili, con prodotti di alta qualità e per garantire l’aderenza dei prodotti presenti nel mercato, ai valori culturali comuni ai Paesi del Golfo, è necessario osservare che le uniche, vere barriere che il mercato emiratino (e GCC) utilizza verso le restanti economie mondiali sono i divieti e le limitazioni di determinate categorie merceologiche. Per la quasi totalità dei casi, queste restrizioni sono riconducibili a questioni morali, religiose e di sicurezza. In quanto di immediata utilità all’azienda che voglia avere un primo quadro delle merci vietate e limitate negli EAU, le tabelle che seguono elencano i divieti di importazione e limitazioni all’importazione. In allegato alla presente, file comprensivo di tutte le tariffe applicate dall’unione doganale del Golfo, verso i Paesi esterni.

3. Rapporti con l’italia

Gli EAU si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente, nonché il 12° partner al mondo. I valori delle esportazioni Italiane in EAU per il 2015, si assestano sui 627 milioni di Euro con un incremento del 13%. I settori maggiormente interessati nell’ambito delle esportazioni rimangono quelli di gioielleria, macchinari industriali, apparecchiature e strumentazioni ed infine di elettronica.

 

 

La performance esportativa dell’Italia verso gli EAU si dimostra quindi positiva ed appare plausibile confermare tale andamento anche per il quinquennio a venire. In particolare, grazie all’assegnazione di Expo 2020 a Dubai e ai relativi piani di sviluppo previsti dal Governo, si aprono per le aziende italiane nuove prospettive di commercio legate alla acquisizione di commesse per la realizzazione di opera civili, sia pubbliche che private, e per quanto riguarda le PMI, anche la possibilità di inserirsi come fornitori settoriali o sub-contractor. Ad esempio, in merito, si ricordi l’importante accordo siglato il 20 Ottobre 2015 tra la Dubai Aviation City Corporation (DACC) e l’italiana SACE in presenza del Ministro dell’Economia emiratino per sostenere l’export italiano e gli investimenti delle società italiane operanti nel progetto Dubai South (Dubai World Central), area che ospiterà l’Expo Dubai 2020. In vista di tale cooperazione, la DACE, tra gli altri impegni, si impegna a fornire una linea di credito di 1 miliardo di Euro per l’acquisto di beni e servizi dalle aziende italiane (procurement pubblico).

A titolo informativo, si veda, a seguire, un quadro generale dei settori in cui è maggiore la domanda emiratina di prodotti italiani. La performance esportativa italiana risulta particolarmente brillante e promettente nei settori che qui seguono. Si noti che si è scelto di focalizzarsi su settori caratterizzati da beni di largo consumo ed infine sul settore alimentare, di tutto rilievo per la natura della presente analisi.

Gioielleria

Le esportazioni italiane di prodotti della gioielleria si confermano come una delle voci principali delle esportazioni negli EAU, con un valore di circa un miliardo di Euro per l’anno 2015 (Dati ISTAT). La domanda di oro e gioielli nei Paesi Arabi, dei quali Dubai costituisce il principale mercato di sbocco, seguito da Abu Dhabi e Sharjah, è trainata da almeno due fattori. In primo luogo, il dato culturale: il segmento più anziano delle culture asiatica, africana ed araba, riscontrabili tra i residenti negli EAU, è attratto dall’oro in quanto materiale sacro, specialmente per quanti di religione musulmana. L’oro avrebbe infatti il colore del paradiso, dunque della purezza e della virtuosità. Inoltre tradizionalmente, l’oro vien visto come appropriato regalo di nozze, soprattutto verso la donna. Il segmento più giovane di quanti chiedono e comprano gioielli invece, vedrebbe oro e gioielli sia come investimento che come vezzo, accessorio da scegliere secondo le ultime tendenze della moda. In secondo luogo, l’altro fattore che traina siffatta domanda, può essere riscontrato nell’elevato potere di spesa della popolazione. 7° al mondo per PIL pro capite, gli EAU garantiscono annualmente un reddito di più di 66 mila dollari per individuo.

Articoli di abbigliamento e accessori

Da sempre status symbol e segno di distinzione per chi lo indossa, il prodotto della moda italiana vanta elevati volumi di prodotti esportati negli EAU: l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) comunica per il 2015 un giro d’affari oltre i 400 milioni di Euro. Il maggiore mercato di sbocco del Made in Italy nel settore fashion è costituito da Dubai, vero e proprio centro dello shopping emiratino. Nonostante gli importanti risultati, tuttavia, gli EAU restano un mercato nel quale l’accesso è ancora molto difficile se non trainato da un forte brand o da un ingente investimento in comunicazione, stretegia commerciale tipica delle diffuse forme di franchising presenti nel Paese. Da segnalare, il documento governativo Dubai Fashion 2020, progetto complesso che mira a promuovere stilisti locali e regionali ed attirare talenti internazionali, con l’obiettivo di rendere Dubai, la nuova capitale della moda.

Arredamento

Settore tradizionale del tessuto industriale italiano, le esportazioni dell’Arredamento italiano in EAU hanno toccato per il 2015 dei valori oltre le 230 mila Euro, con un incremento record del 42. 6% rispetto allo scorso anno (Dati ISTAT). Ciò è stato possibile non solo grazie al succitato importante potere di spesa nel mercato di riferimento, ma anche grazie al prestigio che il mobile italiano continua a possedere nel mondo. Infatti, nonostante la competizione esercitata, per i prodotti di qualità medio-bassa, da Paesi con manodopera a basso costo come Turchia, Cina e Libano, rimane la preferenza, dunque la richiesta di Made In Italy nel prodotto di lusso, spesso dal design moderno. Infine, altro importante fattore alla base della domanda emiratina di arredamento, appaiono i continui piani di costruzione di nuovi spazi residenziali, commerciali e governativo-infrastrutturali.

Prodotti alimentari

Per quanto riguarda il settore alimentare, gli EAU fanno riferimento alle importazioni per la quasi totalità della domanda interna. I prodotti italiani maggiormente importati negli Emirati si confermano formaggi e latticini, seguiti da pasta, caffè, dolci e prodotti da forno; elevate importazioni sono presenti anche nel settore ortofrutticolo (kiwi, mele, uva ed insalata). I valori dell’export dell’alimentare italiano nel Paese hanno superato nel 2015, 170 milioni di Euro (dati ISTAT), mentre quello delle bevande ha raggiunto quote minori (26 milioni di Euro, dati ISTAT), con una crescita rispettivamente, del 27% e del 12%. Il Food & Beverage italiano nel Paese, con una crescita complessiva del 25%, appare un settore molto vivace, da un biennio in piena crescita. In merito al settore alimentare, si sottolinea come le aziende italiane non soffrano particolarmente delle tariffe GCC del 5% su quasi tutti gli alimenti (esenti solo i prodotti di base quali frutta e verdura, cereali, farine, zucchero e te), tanto meno delle supposte barriere all’accesso al mercato costituite dalla richiesta di certificazioni sanitarie ed attestato Halal, e dalla limitazione dei prodotti a base di carne di maiale e delle sostanze alcoliche.

 

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