Nel rapporto tra test e popolazione solo gli Emirati arabi davanti a noi. Nel nostro Paese 1,75 milioni di prove: quelle giornaliere sono quadruplicate in un mese. Ricciardi e Brusaferro erano contrari, ma il modello Veneto si è dimostrato più efficace di quello lombardo.
ROMA – Angelo Borrelli, capo Dipartimento della Protezione civile, ha provato a dirlo nella conferenza di prima sera: “Siamo tra i Paesi al mondo che fa più tamponi”. Siamo anche qualcosa più, in verità. L’Italia è la quarta nazione al mondo in numeri assoluti, tra le quindici che hanno fatto più test. Ed è la seconda – seconda solo agli Emirati arabi uniti – per tamponi realizzati rispetto alla popolazione.
Il sistema sanitario italiano per settimane – una delle tante contraddizioni nel suo avvio di contrasto a una malattia emergente – ha sostenuto che non serviva fare più tamponi, i test orofaringei, per scoprire i contagiati reali e vincere la battaglia del Covid (lo ha sostenuto a lungo Walter Ricciardi, per esempio, consulente del ministro Roberto Speranza e rappresentante italiano per l’Organizzazione mondiale della sanità). Lo ha ribadito lo stesso Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità: “Altre politiche sull’uso dei tamponi non sono state esaminate”, ha detto spiegando che i test andavano fatti solo a chi aveva sintomi chiari. Il ministro Speranza ha difeso gli espertoni pubblici fino a quando ha potuto: “Il tampone non è sufficiente, è la fotografia di un istante, la soluzione è l’isolamento”. Ma il 24 marzo scorso duecentonovanta rappresentanti della comunità scientifica nazionale scrivevano al premier Conte una lettera per far annettere nuovi laboratori, anche privati, alla rete di ricerca sul Covid-19 e per aumentare proprio i test orofaringei: “Le attuali strategie di contenimento basate sulla identificazione dei soli soggetti sintomatici non sono sufficienti alla riduzione rapida dell’estensione del contagio”. Era chiaro, il documento: “Così pagheremo un prezzo altissimo, aumentare i test è necessario per interrompere la catena di contagio”.
Il prezzo è stato pagato: siamo terzi al mondo per contagi (sulla soglia dei duecentomila), secondi per decessi. E la mancata strategia del tampone ne è stato un elemento. Il biomedico statistico Enrico Bucci, autore delle indagini matematiche più seguite, lo aveva detto al Consiglio regionale della Regione Lombardia: “Il tampone è l’inizio di una strategia di riconoscimento del mondo del contagiato”. Aggiunge adesso: “Va detto che in Lombardia, a differenza del Veneto, quando è esploso l’allarme il virus era probabilmente in giro da un mese e mezzo”.
Ancora lo scorso 3 aprile una circolare del ministero della Salute aveva reso esplicito che “se la capacità dei laboratori che analizzano i test è limitata”, i tamponi vanno fatti solo ai pazienti che rientrano in alcune categorie prioritarie – i ricoverati, gli operatori sanitari a rischio e i pazienti più fragili – e che “tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari”. Ecco, le indicazioni del ministero, insieme al parere di insigni scienziati, sembra essere stato condizionato dal problema esistente nell’organizzazione sanitaria italiana: non ci sono laboratori a sufficienza, non si riescono a fare tutti i tamponi raccomandati e, quindi, migliaia di casi sospetti non vengono testati.
(primi 15 nazioni per numeri di test)
Nazioni | Tamponi | test fatti ogni 100 persone | |
---|---|---|---|
1 | Emirati Arabi Uniti | 1.022.326 | 10,60 |
2 | Italia | 1.757.659 | 2,90 |
3 | Spagna | 1.199.548,0 | 2,60 |
4 | Germania | 2.072.669,0 | 2,50 |
5 | Australia | 510.974 | 2,00 |
6 | Russia | 2.877.699 | 2,00 |
7 | Canada | 684.271 | 1,80 |
8 | Usa | 5.463.912 | 1,70 |
9 | Venezuela | 423.592 | 1,50 |
10 | Corea del Sud | 598.285 | 1,20 |
11 | Turchia | 898.742 | 1,10 |
12 | Regno Unito | 669.850 | 1,00 |
13 | Francia | 463.662 | 0,70 |
14 | Iran | 421.313 | 0,50 |
15 | India | 625.309 | 0,0 |
La Corea – ormai è letteratura – ha affrontato prima e meglio di tutti la sfida epidemiologica e oggi può vantare dieci nuovi casi soltanto in una giornata – ieri – perché, oltre ad allestire politiche di sanificazione ossessive, si è affidata subito a un mezzo, il tampone, che consente di individuare subito il contagio e avviare l’investigazione a ritroso: chi hai frequentato in questi giorni, con nome e cognome. Anche la Germania ha abbracciato il metodo e si è riproposta di fare 500 mila tamponi a settimana: non è mai arrivata a quei volumi e oggi, con l’insidia clinica sotto controllo, ha notevolmente limitato il metodo.
L’Italia ha avviato le sue strategie, al solito con modalità divaricate: il metodo Lombardia (che oggi ha prodotto 72.889 casi e 13.325 deceduti) e il metodo Veneto (che, con i contagi diventati pubblici nelle stesse ore, il 21 febbraio, è riuscito a contenere i casi in un quarto e a contenere i decessi in 1.315). Oggi Lombardia e Veneto sui tamponi effettuati hanno numero simili (338 mila e 316 mila), ma la prima ha una popolazione doppia e in quei giorni di fine febbraio quando il contagio si manifestò il secondo mostrò una reazione più rapida e massiccia.
Tutto è cambiato. L’Italia nell’arco di un mese ha quadruplicato i tamponi. Oggi abbiamo fatto un milione e 758 mila tamponi in sessantré giorni. Prendendo come riferimento i “tamponi fatti” – nei siti internazionali che offrono queste misurazioni non esiste il dato dei “casi testati”, visto che in alcune situazioni sono stati fatti due tamponi per una persona -, si scopre che l’Italia ha fatto 2,9 test ogni cento persone: è il secondo dato mondiale, abbiamo visto, dopo gli Emirati arabi (che sono al 10,6 per cento). Ancora il 18 marzo i test di giornata nel nostro Paese erano stati 16.884, il 25 aprile hanno toccato quota 65.387. Quattro volte tanto. In questa crescita rapida, e contraria alle parole degli espertoni pubblici, direttamente gestita da chi ne comprendeva sul territorio l’importanza, gli ospedali, ci si è scontrati con la rete dei laboratori certificati da allargare e il faticoso approvvigionamento dei reagenti chimici.
In valore assoluto l’Italia viene dopo gli Stati Uniti (5,5 milioni), la Russia (2,9 milioni) e la Germania (oltre due milioni). Rispetto alla popolazione, però, siamo davanti a queste grandi nazioni. La Corea non ha avuto più bisogno di tamponi di massa e oggi è decima in questa classifica con 600 mila prelievi effettuati. La Cina non ha mai ufficialmente dichiarato i tamponi fatti.
Estratto dall’articolo di CORRADO ZUNINO da La Repubblica.it
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